Il sorriso subdolo di Silvio Orlando

Il sorriso subdolo di Silvio Orlando

L’ attore dovrebbe farsi guidare nell’ interpretazione dalla ragione, più solida dell’ emotività, così da poter creare e non solo riprodurre, sostiene – sintetizzando al massimo – Denis Diderot nel suo «Paradosso sull’ attore». E non c’ è recita più razionale e creativa di quella inscenata dal suo «Nipote di Rameau», nell’ omonimo dialogo filosofico che ora Silvio Orlando, regista e interprete, porta in scena con Amerigo Fontani, firmando la riduzione assieme a Edoardo Erba, al Piccolo Eliseo sino al 4 dicembre. Il nipote del celebre musicista Rameau difende il suo recitare nella vita, scientemente, da servo che mantiene il proprio libero arbitrio, la propria libertà, la parte del miserabile, che si degrada per far divertire i ricchi borghesi che lo mantengono, lui, adulatore esperto, seduttore intelligente, musicista fallito, miserabile di grande talento e dal pensiero lucido nel difendere e disprezzare se stesso e il genere umano in generale.

Il suo è l’ elogio della finzione, che diviene così smascheramento dell’ ipocrisia, del servilismo, dell’ egoismo di una società, o almeno della borghesia mercantile settecentesca parigina, che finisce per risultare rivelatorio anche della classe dirigente attuale, cieca nel suo cupio dissolvi, quanto è invece lucido Rameau, nel suo tenersi in bilico tra delirio e buonsenso. Siamo in un caffè in cui Simone Gulli suona il clavicembalo dal vivo e il malmesso nipote di Rameau incontra il filosofo e lo inorridisce e affascina assieme col suo sottile argomentare e mettersi a nudo, mostrandogli, con la cameriera del locale (Maria Laura Rondanini), le sue capacità di malefico seduttore. È la scena sulla lezione di musica a una ricca bambina il momento più teatrale dello spettacolo che resta alla fine un monologo intellettuale e, forse, si avrebbe dovuto avere maggior coraggio nell’ adattare per una rappresentazione, che pure vive grazie alla bravura di Silvio Orlando, con la sua parrucca spettinata, col suo sorriso subdolo, col suo sguardo furbo e ironico, nel mostrare diderotianamente di sé quel che va raziocinando.

Paolo Petroni RIPRODUZIONE RISERVATA

Pagina 19  (27 novembre 2011) – Corriere della Sera